Nel salotto di Péppo campeggia una libreria piena di libri che egli non ha mai letto. Una vita che s’intuisce dura di fatica ha impedito a Péppo di farsi una cultura, ma una sapienza ancestrale lo ha portato alla convinzione che i libri, comunque, sono importanti, soprattutto in un mondo dominato dalla televisione che, nella sua stessa famiglia, ha minato nel fisico suo fratello e nello spirito sua moglie e sua figlia. Péppo è solo non soltanto nei confronti di moglie e figlia che tentano di raggirarlo per estorcergli una firma, ma è solo anche di fronte al suo amico Antonio al quale, benché professore di Latino e Greco, proprio lui, contadino ignorante, deve ricordare che molto più di guadagnare soldi (perenne lamentela dello scontento professore) è importante conoscere la lingua che parlava Omero.
Ed ecco perché, come insegna Péter Szondi nella sua lucidissima analisi del personaggio di “Firs” ne Il giardino dei ciliegi di Cechov, parlando al fratello sordo, il dialogo di Péppo non può che essere soltanto un monologo, segno evidente della sua solitudine.