Fu Nemirovič-Dančenko, uno dei più importanti uomini di teatro del tempo, a convincere Čechov a proseguire nell’attività drammaturgica. Nemirovič-Dančenko aveva spinto Konstantin Stanislavskij a fondare il Teatro d’Arte a Mosca ed era convinto che le novità assolute che Čechov stava portando alla scrittura teatrale si sarebbero sposate perfettamente con la rivoluzione teatrale che Stanislavskij aveva avviato e che non aveva ancora trovato il testo giusto con cui esplodere. La scrittura leggera di Čechov, in cui le cose più importanti non erano scritte ma lasciate tra le righe, non poteva trovare espressione attraverso la recitazione pomposa delle compagnie dell’epoca, ma bene si sarebbe adattata alla ricerca di verità sulla scena che animava Stanislavskij e i suoi attori.
Il 17 dicembre del 1898, al Teatro d’Arte di Mosca, Stanislavskij porta in scena Il gabbiano di Čechov, a due anni di stanza dal fiasco di San Pietroburgo. Durante il primo atto, il pubblico in sala, stranamente, non aveva manifestato in alcun modo le proprie impressioni, sicché gli attori non riuscivano a rendersi conto se quel silenzio volesse indicare gradimento o indifferenza. Alla chiusura del sipario che mise termine al primo atto, Stanislavskij e tutti gli attori restarono in scena, in attesa che, al di là del sipario, il pubblico manifestasse il proprio giudizio. Per pochi ma lunghissimi secondi, poterono ascoltare soltanto un inquietante silenzio che fu interpretato dagli attori come segno di rifiuto. Quando qualcuna delle attrici stava per piangere di fronte a quell’annunciato insuccesso, la sala esplose in un fragorosissimo applauso che sembrava non volesse terminare più. Quell’applauso annunciò il successo de Il gabbiano, della Compagnia di Stanislavskij e di Čechov.
La storia del teatro aveva vissuto, quella sera, una delle rare rivoluzioni destinate a cambiare radicalmente un modo d’intendere la scrittura e la pratica teatrale. Quei pochi secondi di silenzio che precedettero l’applauso del pubblico stavano a significare che gli spettatori si erano resi conto di aver assistito a qualcosa di mai visto né udito. Avevano avuto bisogno di qualche momento per capire se quell’assoluta novità fosse o meno di loro gradimento e con quell’interminabile applauso avevano deciso che sì: quella novità era qualcosa di straordinariamente affascinante.
Sull’onda del successo de Il gabbiano, quindici giorni dopo la prima, Nemirovič-Dančenko chiede a Čechov di far rappresentare alla Compagnia di Stanislavkij anche Zio Vanja. Čechov accetta e il Teatro d’Arte di Mosca di Stanislavskij decide di inaugurare la nuova stagione teatrale 1899/1900 proprio con Zio Vanja. Il 27 maggio 1899 Stanislavskij termina di stendere le sue note di regia al testo; alla presenza di Čechov, la Compagnia fa la prima lettura a tavolino; il 20 ottobre Zio Vanja va in scena ripetendo il successo de Il gabbiano. Čechov, però, non può essere presente alla prima rappresentazione perché la tubercolosi di cui soffre da tempo lo aveva costretto a trasferirsi a Jalta, in Crimea. A primavera, allora, è tutta la Compagnia del Teatro d’Arte di Mosca a decidere di scendere in Crimea per una tournée che consenta a Čechov di vedere il suo Zio Vanja in scena. Così ebbe inizio il successo di uno dei testi maggiormente rappresentati di Čechov.